L’Europa dei paradossi ha il volto di un settantunenne, fondatore di un circolo di scrittori “Arcobaleno”, che spara a un primo ministro che visita la Casa della Cultura di una sperduta cittadina slovacca.
L’escalation violenta
L’odio cova lento, e dalla non violenza è un attimo passare alla violenza. Frutto del clima d’odio, si dice. E il pensiero va all’assassinio del premier svedese Olof Palme nel 1986, anche lui un veterano della politica del suo Paese, leader di levatura internazionale controverso per le sue idee ultra-socialiste non proprio allineate al fronte atlantista americano. Fico ha avuto una sua evoluzione nel centrosinistra, ma adesso è contrario ad armare a oltranza l’Ucraina contro la Russia, in un percorso di avvicinamento a Putin sulla falsariga del leader ungherese, Viktor Orbán, che gli somiglia pure fisicamente. Altra posizione estrema di Fico è stata quella, durante la pandemia, contro vaccini e mascherine. Davvero una figura dalle mille sfaccettature, perché il partito “Smer” da lui guidato è passato attraverso trasformazioni tutte ispirate al desiderio di consenso politico del suo leader, al punto di diventare un partito personale. «È meglio negoziare la pace per dieci anni e fermare le operazioni, invece di lasciare che ucraini e russi si uccidano a vicenda per altri dieci anni senza nessun risultato», ha detto di recente. Le sue posizioni non sono certo gradite alla Nato, né al resto d’Europa. Né dev’essere piaciuta a detrattori e oppositori la politica di normalizzazione dei media pubblici. La chiusura della Procura speciale contro la corruzione ha suscitato il timore che la Ue possa congelare fondi allocati alla Slovacchia.
I lupi solitari
Milan Nič, ricercatore senior del Consiglio tedesco per le Relazioni estere, prima della sua rielezione, disse che Fico aveva imparato da Trump e che saccheggiava a destra e a sinistra tutto ciò che potesse accrescere la sua attrattività politica. Ma il punto è che i leader con politiche controcorrente e prese di posizione inconsuete non sempre riescono a essere rassicuranti, e si pongono come personaggi, quasi star, sopra le righe. Bersagli ideali per lupi solitari di un dissenso politico che nel segreto di salotti, cenacoli o bar, può degenerare e finire in un corto circuito per via del «clima d’odio», denunciano i collaboratori più stretti di Fico. Come il ministro dell’Interno slovacco, Matus Sutaj-Estok, per il quale le 5 pistolettate hanno un movente «chiaramente politico», e portano con sé l’invito ai giornalisti a «smettere di diffondere odio, perché quello che è successo è stato seminato da molti di voi, dal vostro odio».
Le foto su X
Un odio che attraversa l’Europa e ha più matrici. Contrapposte. Adesso si diffondono su internet voci e anche fotografie su legami di Cintula con il gruppo paramilitare filorusso Slovenski Branci, il cui leader è stato addirittura formato da corpi speciali di Mosca. Ha detto tutto, Cintula («Non ero d’accordo con lui»), ma non abbastanza, perché la sua vita sarà passata ai raggi X e c’è chi vedrà nell’attentato il terminale di qualche complotto. Ma la realtà è che la giornata di ieri entrerà nei libri come un altro episodio di (tentato) omicidio politico in una Europa attraversata da pulsioni che trasformano un poeta armato di versi, e di revolver solo per lavoro, in un attentatore che cambia il corso della storia. Almeno del suo Paese.