Andrea Girardin Gibin ha 52 anni, è un dipendente della ditta Sigifer e la notte della strage di Brandizzo era caposquadra per i lavori di sostituzione dei binari.
Brandizzo, il sopravvissuto sotto choc
Dalla sera dello schianto il caposquadra è chiuso nella sua casa di Borgo Vercelli, né a lui né a Massa i magistrati della Procura di Ivrea hanno ancora notificato l’invito a comparire: prima degli interrogatori intendono ricostruire il quadro completo della vicenda. «Andrea Girardin Gibin è una persona profondamente provata e addolorata per la perdita di compagni di lavoro, che erano anche amici. Ha vissuto un’esperienza unica nella sua drammaticità: era sul binario, è riuscito a scansarsi ma ha visto la morte in faccia e la morte colpire gli altri», afferma il suo avvocato, Massimo Mussano. Racconta la cognata Deborah: «Andrea è in stato di choc. Da anni andava a lavorare insieme ai suoi compagni e adesso continua a ripetere i loro nomi». Gli uomini della Polfer hanno recuperato accanto ai binari i telefonini di Giuseppe Aversa, 49 anni, e Giuseppe Lombardo, 52 anni: sono in pessime condizioni ma, al contrario di quelli delle altre vittime, non distrutti al punto da essere inutilizzabili. E gli investigatori confidano di potere trovare all’interno qualche ulteriore elemento sulla strage del 30 agosto, chiamate o messaggi inviati, oppure video come quello girato da Kevin Laganà che svela l’operatività irrispettosa delle regole. Tra il materiale sequestrato e confluito nel fascicolo delle pm Giulia Nicodemi e Valentina Bossi ci sono inoltre i tablet del macchinista, Marcello Pugliese, 52 anni, e dell’altro addetto che era con lui nella cabina di guida, Francesco Gioffrè, 29 anni. I due ferrovieri, sentiti poche ore dopo la tragedia, avevano parlato di un segnale «verde» e dichiarato che non c’erano segnalazioni dei lavori in corso sui binari. Da estrarre anche i dati delle due scatole nere del treno, per analizzare tutto il materiale la Procura nominerà un consulente tecnico e agli accertamenti potranno partecipare gli indagati, i rispettivi legali e i familiari delle vittime con eventuali consulenti propri.
«Come un parco giochi»
Ieri intanto i magistrati hanno ascoltato nel ruolo di testimone Francisco Martinez, 22 anni, collega della Sigifer e amico di Kevin. «Quattro mesi fa a Chivasso ho rischiato di morire come Kevin. Se un collega non mi avesse afferrato per la maglietta tirandomi via dal treno, non sarei qui a raccontare», ha ripetuto davanti ai pm ciò che ha riferito nei giorni scorsi. Con lui aveva parlato anche un altro collega e amico, Giuseppe Cisternino: «Ci mandano sui binari come se fosse un parco giochi. Quella sera avrei dovuto lavorare con loro, ma non mi hanno chiamato. Mi sento un miracolato». Intanto sotto casa di Kevin Laganà, 22 anni, la vittima più giovane, continuano a riunirsi amici e familiari. «C’è una perenne atmosfera di attesa, sarà così finché non ci saranno i funerali», dice lo zio Giovanni Caporalello. «Non sappiamo ancora nulla - aggiunge lo zio insieme al padre del ragazzo morto, che rimane in silenzio - nemmeno quando ci riconsegneranno la salma. Stiamo ancora aspettando, nel frattempo continuano ad arrivare gli amici di mio nipote. Lui voleva bene a tutti, era un bambinone, conosceva molta gente. Ogni giorno è così e lo sarà finché non ci permetteranno di celebrare i funerali».