Omicidio Yara, urla contro Bossetti:
«Sei un assassino, un animale»

Martedì 17 Giugno 2014 di Renato Pezzini
Massimo Bossetti, la caserma dei carabinieri e Yara
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PIANA DI MAPELLO - Erano andati a cercare l’assassino di Yara perfino in Romania. Avevano radiografato le esistenze di decine, centinaia di muratori delle alte valli bergamasche che ogni giorno scendono in pianura per lavorare. Si erano scervellati davanti agli elenchi di persone transitate casualmente da Brembate Sopra il giorno della scomparsa della giovane ginnasta. Sembrava che il palcoscenico delle indagini fosse diventato il mondo intero. Invece la soluzione era dietro l’angolo, «vicina da morire», e proprio per questo inaccettabile per chi vive qui.

Mapello confina con Brembate. Via Piana di Sopra è una stradina cieca di poche decine di metri. Una cascina abbandonata, un fienile, una palazzina rossa a due piani e in fondo la casa gialla di Massimo Giuseppe Bossetti. Adesso è in caserma a Bergamo, la moglie Marita è con lui, quando lo portano via gli urlano di tutto, «assassino», «animale», e tutto quel che si può immaginare. I tre figli sono a casa con i nonni nell’unica stanza con la luce accesa. Dentro e fuori gli uomini in divisa cercano qualcosa senza sapere con precisione che cosa. Vanno in garage, salgono nelle stanze da letto dei bambini. Dopo un paio d’ore se ne vanno e davanti alla casa rimangono frotte di ragazzini vocianti e gli sguardi immobili dei loro genitori.

LA CRESIMA DEL PRIMOGENITO

Domenica scorsa in chiesa c’era la famiglia Bossetti al completo per la cresima del primogenito. La parrocchia del Sacro Cuore raccoglie fedeli da Sotto il Monte (il paese di Papa Giovanni) e da Piana di Mapello che è una frazioncina di poche case dove tutti si conoscono. Magari si limitano a un saluto e poco altro. Però sanno i nomi e i cognomi, le professioni, qualche pezzo di biografia. Per esempio: «Il Bossetti è religiosissimo. A messa tutte le domeniche con moglie e figli, nei primi banchi». Anche questa sua ostentata religiosità, ora, toglie le parole: «Ma siete sicuri che sia stato proprio lui?».

Alla signora Monica, venuta a trovare la mamma che abita a cinquanta metri dalla casa del «presunto mostro», hanno preso il dna un paio d’anni fa. A lei, al marito, alla sorella, ai cugini. «L’hanno preso quasi a tutti da queste parti. Possibile che a lui non l’avessero preso?». Già, questo è un piccolo mistero. Reso ancora più intricato dal fatto che il muratore aveva lavorato nel famoso cantiere di Mapello verso il quale il fiuto dei cani poliziotto aveva condotto le indagini. «Possibile che uno che lavorava in quel cantiere non sia stato sottoposto alla prova del dna».

L’ORCO IN TRATTORIA

Cadono tutti dalle nuvole a Brembate Sopra, e ancor più a Piana di Mapello. Cadono dalle nuvole perché in qualche modo ti fa sentire in colpa sapere che quello che in questi tre anni è stato definito l’orco, il mostro, la bestia, lo potevi incrociare alla trattoria del paese pacato e sorridente, lo salutavi al mattino quando attraversava la frazione sul suo camioncino carico di mattoni e sabbia, o vedevi suo figlio che giocava alla playstation con un amico nella casa del vicino. Valter Gambirasio (solo un’omonimia, nessuna parentela con la famiglia) è il vicino di casa: «Severo con le figlie, cordiale con gli adulti, legatissimo alla moglie».

Domenica pomeriggio in zona c’era un posto di blocco. Hanno fermato il Bossetti e con la scusa dell’etilometro hanno prelevato un campione della sua saliva per l’esame del dna. E poi c’erano due auto civetta dei carabinieri piazzate dietro una curva della provinciale che attraversa Piana di Mapello. Sono rimaste lì tutto il giorno. Chi le ha notate - e non si poteva fare a meno di notarle - era certo che fossero qui per qualcosa di grosso: «Abbiamo pensato a una storia di droga o di malavita, cose così. A nessuno è venuto in mente che potesse essere per l’omicidio di Yara».

Però è anche vero che adesso, ricostruendo gli spostamenti del Bossetti, a qualcuno sembra che le cose fossero chiare, bastava saperle vedere. Il presunto assassino veniva dalla val Seriana, e da tempo le notizie dei giornali dicevano che l’omicida fosse originario di quella valle; prima di abitare a Mapello stava a Terno d’Isola che è a due passi da Chignolo d’Isola dove tre mesi dopo la scomparsa fu trovato il cadavere di Yara; e poi aveva lavorato nel famoso - o famigerato - cantiere di Mapello, quello che all’inizio sembrava il luogo che nascondeva la chiave del mistero, ma che poi uscì dai radar delle indagini perché gli occhi di carabinieri e magistrati puntarono lontano, molto più lontano. Troppo lontano.

Ultimo aggiornamento: 21 Giugno, 08:33