Simone, morto dopo essere caduto dal tetto di un capannone. La mamma: «Lo chiamavano il soldato, ha lottato fino alla fine»

Con la fidanzata aveva già programmato il viaggio del compleanno a Barcellona. Sono stati donati gli organi

Venerdì 19 Aprile 2024 di Michelangelo Cecchetto
Simone Bonato

GALLIERA VENETA (PADOVA) - «Gli amici lo chiamavano "il soldato", perchè era sempre pronto ad aiutare tutti. Come a Pasquetta, è andato lui a prendere il pallone.

Per 18 giorni è stato lui il nostro guerriero. Con il trauma subito avrebbe dovuto morire subito. Invece ha lottato per tutto questo tempo. Sapevamo che la situazione era critica, ma abbiamo sempre sperato, noi e i tanti amici. Ci hanno dato forza e con loro ci siamo incontrati ogni sera. Simone era generoso, e così abbiamo donato gli organi. Lo avrebbe voluto. Ci diranno quanti, almeno sei». É mamma Fanny, nel profondo dolore, a parlare del figlio al quale ha dovuto dire addio. La scienza medica ha fatto il possibile e con essa la forza dell'amicizia, delle preghiere, del trovarsi in tanti ogni sera per Simone ed idealmente con Simone per stargli accanto.

Il lavoro e la passione per il disegno

«Ringraziamo tutto il personale sanitario - continua Fanny - Simone ha insegnato cosa vuol dire gruppo, amicizia, non sprecare il tempo della vita che è bella e che per una stupidaggine può cambiare. Quel pallone non poteva che andare a prenderlo lui che aveva come motto: "produrre nella vita, non perdere tempo"».
«Da un anno e mezzo l'impresa di montaggio di serramenti l'avevo passata a lui - racconta papà Silvano - Lo seguivo ovviamente. Era attento e scrupoloso. Nei cantieri se non c'era sicurezza non si metteva a lavorare. Aveva deciso di seguire il mio lavoro, non era mai stanco, sempre dinamico, ci fidavamo l'uno dell'altro. Aveva giocato a calcio qui in paese fino agli juniores. Aveva la fascia di capitano, era tifosissimo della Juventus». Aveva anche una dote innata per il disegno. I tanti fogli che raccolgono le sue produzioni sono un importante e prezioso ricordo. Fanny li sfoglia e fa vedere che Simone aveva creato un suo marchio elaborando il numero 8, numero dell'infinito, che si ritrova in vari momenti della sua vita.

Il viaggio già prenotato con la fidanzata

«Ci eravamo conosciuti l'8 ottobre dell'anno scorso nella discoteca Muretto di Jesolo - racconta la fidanzata Chiara Pepe - Ero scivolata a pochi passi da lui, mi ha vista e quello è stato l'inizio. Avevamo già programmato per il suo compleanno il viaggio a Barcellona, città che lui amava. Ci era stato sei-sette volte, io mai».
«Aveva sempre la valigia pronta - sottolinea la mamma - La Spagna gli piaceva moltissimo, era andato anche a dei festival musicali, il suo genere era la techno. Vestiva sempre con abiti scuri, ma si era comprato una felpa gialla e mi ero meravigliata». Ritornando all'infortunio, dice ancora Fanny: «Se Simone fosse rimasto paraplegico, considerato il suo carattere, non sarebbe stato un problema. Il problema erano i danni alla testa. Lui non avrebbe mai voluto rimanere un vegetale».
«Da piccoli eravamo come cane e gatto - rivela il fratello primogenito Luca - Nell'ultimo periodo si erano riunite le compagnie che vanno dai 19 ai 30 anni, poi le uscite anche a coppie con le morose, eravamo molto spesso assieme. Nel tempo libero ci si ritrovava per divertirsi, a lui piaceva fare festa, ma con equilibrio, ed era capace di unire anche persone più grandi». Aveva amici veri, Simone, che non lo hanno lasciato nemmeno sul letto della rianimazione. Sono stati 22 anni intensi. La sua vita è terminata troppo presto, ma il suo ricordo sarà indelebile. Donando i suoi organi, molte altre persone, grazie a lui, hanno ora una nuova vita. 

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Ultimo aggiornamento: 11:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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