Gli occhi di Rosetta sulla cometa
dopo 10 anni di viaggi fra le stelle

Lunedì 10 Novembre 2014 di Mauro Giacon
Gli occhi di Rosetta sulla cometa dopo 10 anni di viaggi fra le stelle
PADOVA - Saltare in groppa a una cometa, cavalcarla mentre corre verso il Sole e trapanarle la superficie per capire com’è fatta è un’impresa mai tentata dall’umanità. Domani, dopo 10 anni di volo nello spazio ci proverà Rosetta, la sonda europea dell’Esa. Cesare Barbieri, 71 anni, professore emerito di Astronomia dell’Università di Padova è il responsabile italiano del sistema Osiris montato sulla sonda, ovvero le macchine fotografiche - in realtà telescopi - che ci hanno inviato le prime immagini dallo spazio e hanno permesso studi fondamentali sulla composizione chimica, sulla mineralogia e sulle caratteristiche del luogo dell’atterraggio.



Perché è così importante questa missione?

«Le comete si sono formate nello stesso momento del sistema solare, circa 4,5 miliardi di anni fa e da allora portano in giro lo stesso materiale "incontaminato". Incontrarne una e studiarne in dettaglio le caratteristiche per un lungo tratto dell'orbita attorno al Sole significa anche capire se la nascita della vita sulla terra sia stata favorita da una pioggia di comete negli istanti iniziali. Sono loro che hanno portato l’acqua, l’azoto, il carbonio, il sodio sulla terra? Analizzarne una potrebbe confermare la teoria della panspermia, ovvero che i semi della vita sono dappertutto nell’Universo».



Cosa abbiamo trovato finora?

«Le nostre camere possono fotografare e studiare la morfologia della superficie cometaria con un dettaglio migliore di 20 centimetri da 10 chilometri di distanza. Possiamo anche analizzare la natura dei gas e della polvere che escono incessantemente dalla superficie. Abbiamo già individuato ghiaccio di acqua, anidride carbonica, ossido di carbonio, composti dello zolfo, metano. Le trivellazioni che si spera effettuerà il modulo Philae una volta atterrato potrebbero rivelare molecole ancor più complesse presenti sotto alla crosta superficiale, addirittura catene di aminoacidi».

Rosetta dovrà sganciare il modulo Philae da una distanza di 22 chilometri dalla cometa. La discesa comincerà domani alle 10 e durerà sette ore alla velocità di 50 centimetri al secondo. Il segnale di touch-down è atteso per le 17 e potrà essere seguito in diretta dal pubblico al Dipartimento di Astronomia.



Quanto sarà grande l’emozione?

«Sarà fortissima. Io sarò al centro di controllo dell’Esa a Darmstadt per seguire le operazioni, sono vent’anni che scienziati di tutt’Europa lavorano al progetto. Per ora sappiamo che la superficie della "67P" è coperta di polveri, rocce e ghiaccio. Ma non abbiamo idea della consistenza. Sappiamo che è porosa e leggera. Se la mettessimo in acqua galleggerebbe».



Meglio non provarci con un pezzo di cosmo lungo 5 chilometri che ha la forma di due lobi uniti da un "ponte". L’atterraggio è comunque un rischio altissimo...

«È vero, non essendoci gravità il modulo potrebbe rimbalzare via. Ma ha tre zampe basculanti che possono adattarsi all’inclinazione del terreno fino a 35 gradi. Appena tocca il suolo poi si accenderà un razzetto posto sul tetto che lo schiaccerà verso la superficie e dalla base partiranno due arpioni per ancorarlo. Poi si apriranno i pannelli solari e il trapano messo a punto dal Politecnico di Milano comincerà a lavorare, aspirando materiali fino a 15 centimetri sotto la superficie e portandoli in un mini laboratorio interno».



Nel modulo che pesa appena cento chili abbiamo contato dieci strumenti scientifici...

«E lavora usando una potenza di 120 watt, quella di una lampadina...».
Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 20:24

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