ROVIGO - Siamo alla frutta. Anzi, non c'è più nemmeno la frutta. A lanciare l'allarme sulla difficile congiuntura della frutticoltura polesana è la Confagricoltura, a margine della manifestazione "Sosteniamo la fruit valley" che si è svolta a Bologna, promossa da Confagricoltura Emilia-Romagna, per chiedere un urgente supporto al comparto frutticolo, alla quale ha partecipato anche una delegazione di Confagricoltura Rovigo, perché anche il Polesine condivide problematiche analoghe. «Le pesche sono quasi sparite, le pere sono in profonda crisi, i kiwi restano una coltura marginale, qualche segnale positivo per le mele, ma è troppo poco per ridare vigore a un settore in forte sofferenza», spiegano il presidente Lauro Ballani e il direttore Massimo Chiarelli.
I NUMERI
Come emerge dai dati di Veneto Agricoltura sull'ultima annata agraria, i numeri lo dicono chiaramente. «Dal 2012 al 2022 gli ettari coltivati a pere in Polesine si sono ridotti di un terzo.
L'impero della pera polesana è crollato. Guardando al dati di Veneto Agricoltura emerge come il 2021 sia stato disperante per chi coltivava pere, già con una flessione annuale del 9,1% sul 2020, ovvero con l'abbattimento di un pero su dieci, con una resa disastrosa: solo 2.998 tonnellate prodotte, 86,3% meno del 2020. Per questo nel 2022 sono stati abbattuti altri due peri su dieci, con la superficie passata da 726 a 583 ettari, meno 19,7%, nonostante l'andamento climatico sia stato favorevole e la resa ottima. Con le pere, come per tutti i frutteti, è difficile tornare indietro. «Le aziende continuano a tagliare alberi - evidenzia Ballani - pesche, albicocche e nettarine sono scomparse dal territorio. Il maggior tracollo è per il pero, che ha sofferto la cimice asiatica, il gelo, la siccità e l'alternaria, tanto che le produzioni sono sotto la media e ci sono ripercussioni sulla qualità degli impianti. Con le mele tradizionali non va meglio, ma alcune nuove cultivar, come le varietà Club, stanno dando buone soddisfazioni. Tuttavia i costi di impianto sono elevati e gli ammortamenti hanno tempi troppo lunghi per rientrare con le spese. Per il kiwi la spina nel fianco sono le malattie alle radici, che hanno causato la moria delle piante e un germogliamento insufficiente, portando a produzioni basse. In più nel 2023 c'è stato il gelo. I frutticoltori si interrogano per capire cosa fare: se investire in impianti più moderni, che possono aiutare le coltivazioni, o cercare alternative come mirtillo e nocciole. Di certo non possono essere lasciati soli: servono misure ad hoc per il rilancio del settore e incentivi. La frutta è un settore strategico e fondamentale per l'alimentazione. Il nostro prodotto è tra i più controllati e certificati: perdere superfici a favore dei competitor stranieri non è una sconfitta economica, ma un rischio qualitativo e sanitario, in quanto in molti Paesi vincoli e regole sono meno ferrei. Puntiamo a recuperare terreno e a ridare speranza ai frutticoltori, sfiduciati da anni di mancate produzioni e redditività».