L'ex Pooh: «L'acqua, la chitarra e i sogni: così sono diventato Red»

Lunedì 20 Marzo 2017 di Edoardo Pittalis
L'ex Pooh Red Canzian
Allora Red
«Ma io mi chiamo Bruno, Bruno Canzian, e sono nato a Quinto di Treviso, in riva al Sile, in una grande villa del 700 divisa in piccole stanze affittate dal Comune a famiglie povere negli anni difficili del dopoguerra. Ricordo il salone del terzo piano dove correvamo col monopattino, era il nostro cortile al coperto anche quando fuori pioveva o nevicava. Avevano fatto una legnaia contro le parenti dipinte e i chiodi che reggevano i fili per stendere erano infissi nei vecchi affreschi con cavalieri armati di lance. C'erano le stanze dove aveva soggiornato Francesco Baracca. Un giorno ci hanno mandato via con la scusa che la villa era pericolante, appena siamo usciti l'hanno abbattuta, hanno distrutto il parco e ci hanno costruito sopra».
Un'infanzia sul fiume
«Bella, anche perché da piccolo non hai il senso della ricchezza o della povertà. Papà era spesso fuori per il lavoro di camionista, io mi gettavo sotto lo sgabello facendo finta di aggiustare il camion. Con la mamma andavamo dal nonno che lavorava al mulino, me lo ricordo sempre bianco di farina, in canottiera. Vado ancora alla rosta del mulino, è come tornare nel ventre della mamma. L'acqua ha sempre fatto parte della mia vita, ho incominciato a pescare che avevo tre anni, ho smesso quando sono diventato vegano. Il primo televisore l'ho visto in osteria a Quinto, il figlio dell'oste si chiamava Oscar, è stato lui a insegnarmi a disegnare, cavalli, cow-boy, indiani. Mi piaceva Tarzan, il mio padrino di Cresima era un gommista di Quinto preciso all'attore Johnny Weissmuller. Ero convinto che fosse lui e l'ho scelto come santolo per quello».
La chitarra come è arrivata?
«Era la voglia di tutti i ragazzi di allora, della generazione beat. La chitarra me la regalò mio padre e la comprò a rate. La volevo elettrica, rossa, arrivò una chitarra acustica. Ho imparato a suonare con quella, mi piaceva cantare, sono salito su un piccolo palcoscenico e sono entrato in un mondo che mi ha fatto capire che quella era la mia vita. Da quel palco non sono più sceso».
Come era la Treviso di quegli anni?
«C'era un gruppo in ogni palazzo, da ogni garage sentivi suonare. C'erano grandi talenti che si sono persi un po' per provincialismo, un po' per presunzione. Io ero pronto al sacrificio, ho dormito settimane in locali freddi a Milano, accanto al bagno della discoteca che veniva pulito solo il lunedì. Ma io dovevo stare a Milano, come dopo a Londra per vedere dove nasceva la musica. Di Treviso ricordo I Gabbiani con Claudio Pagano, che ancora gestisce locali, capelli lunghi, mantello, un riferimento per tutti. Poi c'era Paolo Steffan che cantava e suonava, faceva bene tutto, è lui che ha disegnato il logo dei Pooh».
Come è diventato Red?
«Con I Prototipi, proprio con Steffan, suonavamo la domenica pomeriggio al Carlton di Treviso. Il direttore del locale credette talmente in noi da costruire una specie di Piper in piazza Giustiniani, il New Time, mobili in metallo, luci psichedeliche, pedana illuminata. Per due anni abbiamo avuto un successo tale da richiamare discografici da Milano. Venne Pino Massara, che aveva fondato una sua etichetta, la Bla-Bla Record, che aveva già arruolato lo sconosciuto Franco Battiato. Andavo spesso a casa di Battiato, la mamma preparava una meravigliosa pasta alle melanzane. Massara aveva scritto canzoni per Al Bano, per Fausto Leali, per Celentano. Roba da milioni di dischi: Nel sole, Deborah, La coppia più bella del mondo. Ha scritto Ghiaccio bollente per Tony Dallara. Anche una che i bambini cantano ancora, Il coccodrillo come fa?. Ci portò a Milano e ci cambiò nome, Capsicum Red, e scrisse una bella canzone per noi, Ocean. Io ero diventato Red. S'inventarono che eravamo italiani che studiavano a Londra e io un inglese che stava in Italia. Mia madre lo apprese dai giornali di musica. Mi chiamò e mi chiese: Scusa Bruno, se mi telefona tua sorella devo rispondere Yes?. Ma c'era il sogno e valeva più delle bugie».
E i Pooh?
«I Capsicum durarono poco, ci disperse il servizio militare. Ebbi il tempo anche di fare il provino per Morte a Venezia di Visconti che cercava giovinetti per il ruolo di Tadzio. C'eravamo io, Ron e l'attore straniero che poi è stato scelto. I Pooh in quel periodo avevano perso Riccardo Fogli che aveva lasciato il gruppo e cercavano un bassista. Mi chiamarono per provare, scattò la scintilla ed è durata 44 anni. È una storia che non finirà mai».
La canzone che avrebbe voluto scrivere?
«Yesterday dei Beatles è la canzone che ogni musicista della mia generazione avrebbe voluto scrivere. Ho conosciuto Paul McCartney, l'autore, abbiamo fatto insieme un video, lavorare con lui è stata una grande emozione».
Ora gira l'Italia per presentare un libro scritto con la figlia Chiara sulle ricette vegane
«Sono partito dalla natura. Del resto, basta guardarsi attorno adesso che è primavera: vedi muovere l'aria, le farfalle, i s'ciopeti, i bruscandoli. Ho anche scritto un libro scegliendo il calicanto come metafora della mia storia: è una pianta pioniera, frega tutti gli altri fiori perché arriva prima, a gennaio fiorisce e profuma. Ma non è solo per questo che sono diventato vegano, a vent'anni ho tolto la carne per motivi di salute, dopo una cena a base di Fiorentine a casa di Franco Zeffirelli. Nel 2009 ho deciso di diventare totalmente vegano».
I sogni contano ancora?
«Devi crederci, altrimenti il sogno resta una nuvoletta che sta sopra di te e non la raggiungi mai. La mia vita è stata un po' un'opera, per metà fatta da altri e per metà ne sono stato il protagonista. Due tempi teatrali perfetti. Ecco: il mio prossimo lavoro sarà un'opera».
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Ultimo aggiornamento: 09:28

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