Venezia. Il nome del Bocolo, ecco da dove nasce la tradizione del fiore degli innamorati

Martedì 23 Aprile 2024 di Pieralvise Zorzi
Venezia. Il nome del Bocolo, ecco da dove nasce la tradizione del fiore degli innamorati

VENEZIA - "Cos'è mai un nome? Quella che noi chiamiamo rosa con qualsiasi altro nome profumerebbe altrettanto dolcemente".

Così dice Giulietta a Romeo. I veneziani invece potrebbero chiedersi: cos'è quel che chiamiamo bocolo? Come sono nate le sue leggende? Da dove saltano fuori gli sfortunati innamorati Vulcana e Tancredi? Che dire poi del roseto di San Marco, trafugato assieme alle reliquie? Ebbene, ecco finalmente le risposte, una alla volta. La prima leggenda, quella della figlia del Doge e del cavaliere morto con i Paladini di Orlando, contiene un motivo che si ripete in tante canzoni dei soldati: il fiore sulla tomba del giovane caduto in battaglia. Non sono necessariamente rose: per esempio in "Stelutis Alpinis" sono le stelle alpine; in "Bella Ciao" un non meglio definito "fiore del partigiano" e nella ballata di De André "La guerra di Piero", a vegliare il povero caduto sono "mille papaveri rossi". Amore, guerra, morte, fiori. Se poi entriamo nella mitologia greca scopriamo radici antichissime: la prima citazione è del IV secolo nei "Progymnasmata" di Aftonio. L'autore invita coloro che ammirano la bellezza della rosa a considerare la sventura di Afrodite, innamorata di Adone. Quando il geloso Ares, che guarda caso è il dio della guerra, insegue il giovane per ucciderlo, la dea corre a salvarlo ferendosi però al piede su un cespuglio di rose. Le rose, che erano bianche, da allora divennero rosse come il sangue della dea. Ci sono tutti gli elementi: la fanciulla (una dea, altro che figlia del Doge), il bel amante, la guerra personificata in Ares, la morte violenta e la rosa rossa come il sangue. Quindi il nome della rosa è amore.


LA GENESI
Affascinante, direte voi, quindi il bocolo come arriva a Venezia? Don Antonio Niero in un breve saggio del 1990 ci lascia nel dubbio ma segnala che la prima citazione è del 1877 nelle "Tradizioni popolari veneziane" raccolte da Dom Giuseppe Bernoni. Difatti leggiamo che "Fra morosi e morose se açeta e se dè regai " e dopo i regali di Pasqua, di Natale e dei Morti, appare finalmente "da San Marco: el bocolo". Bernoni spiega che il bocolo è il "bottone di rosa" e che "la festa di San Marco ricorre il 25 aprile, e quindi questo regalo, "che in altro tempo sarebbe di poco o niun conto, in quel giorno ha un pregio non indifferente, come primizia della nuova stagione". Conferma la tradizione nel 1892 Tomaso Luciani in "Tradizioni popolari Albonesi" (Albona era veneziana fino al 1797): "Nane ga dà el bocolo a Marieta el giorno de S. Marco". È lo stesso che dice: "Nane è innamorato di Marietta, le manifestò la sua simpatia , ed è corrisposto: si sono tacitamente promessi ...".
Quindi il bocolo è una promessa di matrimonio? Forse sì. Ermolao Barbaro junior scrive nel 1805: "Vardè come che sponta/ Quel bocolo odoroso,/ Quel bocolo grazioso,/ Che ve somegia a vu !...." Il bocolo, come rosa non ancora sbocciata appieno, è il simbolo della bellezza giovane, fresca, ancora innocente. Difatti Pietro Buratti nel 1864 distingue malignamente ne "El Bocolo e La Rosa", un confronto tra una giovanissima e una dama più matura. "El gusto del bocolo / Ga Nina vezosa , / Ma quel de la rosa / Ga Beta per mi . / El naso sul bocolo / Nol gode mai tanto, / Ma quando l' è spanto /El bon ghe sentì ."


IL ROSETO
Il bocolo, la rosa ed eccoci alla seconda leggenda, quella del roseto di San Marco. Nessuno ne parla prima del 1909, quando improvvisamente compare in una bellissima edizione limitata, illustrata da Raffaele Mainella: "Les Légends de Venise" di Maria Star. La quale altri non è che Ernesta de Hierschel Stern. Ernesta fa parte di quella grande comunità israelita colta e di grandi mezzi che recupererà ed arricchirà molte dimore veneziane dopo la caduta della Repubblica. Amica e sostenitrice di musicisti, artisti, letterati, tra cui anche D'Annunzio e Marinetti, sulle rovine della gotica ca' Michiel "Malpaga", col progetto di Mainella, che le fu accanto dopo la morte del marito, si fa costruire quel delizioso palazzetto neogotico che oggi conosciamo come Palazzetto Stern. Nel libro, dedicato al figlio Jacques, ella raccoglie e crea le principali leggende veneziane e per la prima volta ecco apparire la storia del roseto donato dai trafugatori di San Marco a un certo Basilio, intrepido marinaio dal cuore candido, che lo pianta a casa sua alla Giudecca. Come va a finire la leggenda la sapete tutti, così come sapete che ancora una volta c'entra l'amore. È il roseto che fa innamorare i due giovani di famiglie che si detestano, o è il loro amore che fa rifiorire il roseto? Non importa. Da sempre e per sempre la rosa rossa, bocolo o fiorita appieno, è e sarà sempre un simbolo da donare in segno di amore e di desiderio. Del resto, come dice una antica villotta veneziana, decisamente esplicita: "So che te piase el bocolo / E tu mi darai la rosa , / E cara la mia morosa / No starme abandonar" .

Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 12:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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