CAVALLINO-TREPORTI - «Uno dei tre rapinatori non voleva andarsene: ha caricato la pistola puntandomela in faccia, continuava a ripetermi di stare zitto perché altrimenti mi avrebbe sparato». È la drammatica testimonianza, ripetuta più volte, di Maurizio Biondo, 62 anni, agricoltore in pensione.
IL CAOS
Il caos si è scatenato cinque minuti dopo quando i ladri sono entrati nell’abitazione, semplicemente aprendo la porta dell’appartamento al piano terra dove vivono i genitori di Maurizio, Mirella Follin di 80 e Pietro Biondo di 83 anni. «Appena ci hanno visto ci hanno detto solo di stare zitti – dice Mirella -. Io pensavo fosse uno scherzo: con la mano ho provato a togliere il passamontagna ad uno dei tre, gli ho anche chiesto chi fosse e mi pare di aver capito “Giovanni”. Poi però mi hanno detto di stare zitta. E due di loro sono salito al piano superiore». I due malviventi hanno infatti percorso le scale interne che collegano il pianoterra con l’appartamento in cui vivono Maurizio con la moglie Carla Lonicci e i due figli, Alberto e Gianmarco. Ed è qui che è avvenuto il faccia a faccia con la moglie del 62enne. «Ho aperto la porta delle scale – ricorda la donna – e mi sono trovata di fronte ai due rapinatori. Parlavano in italiano ma forse con un accento straniero. Secondo noi è gente da fuori, forse erano interessanti alla pensione ritirata dai nonni. O forse hanno sbagliato obiettivo. Uno mi ha abbracciato dicendomi di stare zitta. Ho urlato per chiedere aiuto a mio marito».
LO SCONTRO FISICO
L’uomo è arrivato immediatamente, seguito a ruota dal figlio. «Ho provato a fermarli ma uno mi ha colpito alla testa con il calcio della pistola – riprende il racconto Maurizio - mio figlio mi ha aiutato e si è gettato contro di loro. Sono caduti per le scale, finendo nel pianerottolo. Io li ho raggiunti mentre mio figlio proprio in quegli istanti è stato colpito dal colpo di pistola: pensavo fosse una scacciacani e non una pistola vera. I due a quel punto se ne sono andati mentre il terzo, con la pistola in mano, è rimasto dentro. Io ho agito d’istinto e ho cercato di trattenerlo, lui però mi colpiva sulla testa con il calcio della pistola. Ho chiesto a mio figlio di aiutarmi ma Alberto mi ha risposto che non riusciva a muoversi per via della gamba ferita. A quel punto, ho resistito fino a quando ho potuto e poi l’ho mollato. Lui è indietreggiato e ha caricato la pistola, diceva che voleva spararmi, è uscito solo quando uno dei suoi compari è rientrato a riprenderlo».
LA FUGA A PIEDI
Una volta all’esterno i tre sono scappati a piedi, recuperando poi un’auto con la quale hanno attraversato il ponte sul fiume Sile in direzione Jesolo. «Non so cosa pensare – prosegue Maurizio – hanno parlato poco, non hanno chiesto di consegnargli nulla. Da noi non c’era nulla da rubare». Immediate le indagini dei Carabinieri, sul posto sono arrivati gli uomini del Reparto operativo Nucleo investigativo di Venezia, quelli del Nucleo operativo di San Donà di Piave e delle stazione di Ca’ Savio che fino alle 4 di domenica notte hanno compiuto vari rilievi nell’abitazione, disponendo nel territorio vari posti di blocco e facendo alzare in volo anche l’elicottero. Ieri mattina, nell’abitazione della famiglia Biondo, accompagnato dal maresciallo Cosimo Sorice, comandante della caserma di Ca’ Savio è arrivato anche il generale Il generale Nicola Conforti, comandante provinciale dei carabinieri di Venezia.