MESTRE - «Leggere quell’articolo per noi è stato un colpo tremendo». Parla con un filo di voce, Luigi Antoniello, dalla sua casa di Ca’ Solaro, alla periferia di Mestre. Meno di sette mesi fa ha perso il figlio Marco, 48 anni, e il nipote Mattia, assieme alla consuocera Maria Grazia Zuin, 65 anni, nello schianto di Santo Stefano di Cadore. Il paese dove sabato notte un emulo di Fleximan ha ribaltato l’autovelox installato per richiamare gli automobilisti al rispetto dei limiti di velocità.
LO SFREGIO
Sotto gli occhi ha il giornale che racconta l’ultimo episodio della “guerriglia” innescata contro gli strumenti che controllano il rispetto dei limiti di velocità lungo le strade. L’autovelox non era attivo: chi ha agito ha semplicemente svitato i bulloni e rovesciato sul cordolo della strada il contenitore metallico blu. Ma per l’uomo che vive ogni giorno il ricordo di quella tragedia, il fatto che l’apparecchio fosse solo una scatolone vuoto non conta: «Se l’autovelox fosse stato in funzione si sarebbe potuto evitare quello che è successo. Un gesto del genere per me è stato come un pugnalata al cuore, uno sfregio che dimostra l’insensibilità di chi l’ha compiuto e una grande mancanza di rispetto nei confronti della morte».
Un lutto che le due famiglie di Ca’ Solaro continuano a vivere ogni giorno da quel fatidico 6 luglio, quando la vacanza della famiglia si è interrotta sul rettilineo di Santo Stefano, travolta dalla Audi nera della trentenne tedesca Angelika Hutter, ora reclusa nel carcere femminile della Giudecca, a Venezia. «Da quel giorno vivo malissimo - confessa Luigi Antoniello - io e la mia famiglia ci sentiamo come in una palude di sabbie mobili nella quale continuiamo a sprofondare. È un dolore immenso e non riusciamo a venirne fuori».
L’ITER GIUDIZIARIO
Un dolore alimentato anche dall’attesa per l’esito dell’iter giudiziario della vicenda, e dal timore che i legali della giovane accusata della strage possano invocare la semi infermità mentale alleggerendo, di molto, la propria posizione nell’inchiesta. «Non sappiamo niente di lei - prosegue Antoniello - quello che in questo momento non posso accettare è la disumanità di certi gesti. Non so se chi ha rimosso l’autovelox di Santo Stefano abbia una famiglia, se è in grado di immedesimarsi in quello che abbiamo vissuto. Vorrei soltanto che vivesse per un giorno il nostro dolore e il nostro strazio. Basterebbe un giorno soltanto».
Ma il ragionamento non si limita solo all’autore di quella “bravata”.
VITE A PERDERE
In questi mesi la solidarietà del paese non è mai mancata. Fiori, messaggi, lumini accesi e un peluche sono rimasti a lungo nel punto in cui l’Audi nera ha travolto a tutta velocità la famiglia veneziana che si stava recando a visitare un mercatino. La Pro Loco ha organizzato una raccolta di fondi simbolica a favore delle vittime, mentre a Favaro, a due passi da Ca’ Solaro, sono state celebrate messe di suffragio per testimoniare la vicinanza della gente comune alle famiglie unite dalla tragedia. Piccoli gesti che, in questo momento, rischiano di essere cancellati dal gesto di un vandalo. «Ci vorrebbe un po’ di umanità - insiste Antoniello - pur di non pagare una multa c’è chi è disposto a buttare via il valore della vita umana. Questa gente deve capire che limitare la velocità lungo le strade significa salvare qualche vita in più». All’uomo che ha visto sparire in un attimo i suoi affetti ora non resta che un desiderio: «Spero che li prendano».