Trump, la sfida delle donne

Domenica 22 Gennaio 2017
Trump, la sfida delle donne
L'altra metà della rabbia si è riversata nelle strade e nelle piazze del mondo ieri, in una manifestazione di protesta globale senza precedenti negli ultimi decenni. Due milioni e mezzo di donne (è la stima rilanciata dai media), 500 mila solo a Washington, spesso accompagnate dai compagni e dai figli, hanno occupato con manifestazioni intense ma pacifiche gli spazi pubblici a Washington e a New York, così come a Sidney, Città del Capo, Roma, Londra, Parigi, Nairobi, Tokio e a Paradise Bay, in Antartide. Hillary Clinton ha dato il suo sostegno alla marcia delle donne a Washington, contro il razzismo, la xenofobia e la misoginia. «Grazie perché parlate e marciate per i nostri valori, è importante come non mai. Credo realmente che insieme siamo sempre più forti», ha scritto su twitter la candidata sconfitta alle elezioni.
In totale più di 600 città in venti paesi diversi hanno visto la popolazione locale scendere in strada indossando berretti rosa, in risposta all'appello alla mobilitazione che era partito il giorno dopo le elezioni presidenziali americane, con un messaggio lanciato su Facebook da una avvocatessa in pensione nelle isole Hawaii. Molte delle città coinvolte era impreparate a ricevere una folla di tali dimensioni: A Chicago la polizia ha dovuto bloccare la marcia perché era impossibile sciogliere il nodo di traffico pedestre che si era formato intorno al centrale Grant Park. L'East Side di Manhattan è stato paralizzato per ore dalla folla che cercava di spostarsi dalle Nazioni Unite verso la residenza del presidente Trump , all'angolo meridionale di Central Park. Donald Trump è il bersaglio della protesta. Le promesse che ha fatto durante la campagna elettorale di cancellare ogni contributo a Planned Parenthood e ad altri servizi ambulatoriali che promuovono la contraccezione, spaventano le donne che hanno combattuto per conquistare quei diritti quaranta anni fa.
Lo slogan è Not my president, per dire chiaramente che Trump non riflette l'America e i suoi valori. Anzi rischia di spazzarli via. Trump, è la denuncia delle donne, rischia di incenerire i loro diritti, così come quelli dei gay e dell'ambiente, gettando un'ombra su anni di lotta e di conquiste anche davanti ai saggi della Corta Suprema. A rischio c'è il diritto all'aborto e alle nozze fra lo stesso sesso, con la minaccia di Trump di nominare alla Corte Suprema un giudice conservatore. I manifestanti fanno sentire la loro voce, il loro scontento.
Le loro figlie che vedono Trump formare il nuovo gabinetto esecutivo con una rappresentanza femminile di appena il 13%, temono che la misoginia del quale è accusato si trasformi in logica di governo. Ma la colorita onnipresenza dei cartelli allarga la piattaforma in ogni direzione: dalla paura per l'innalzamento di barriere ai confini del paese «Costruiamolo questo muro intorno a Trump, lo pago io!» - diceva uno dei cartelli visti a New York, alle tante reinterpretazioni della Statua della Libertà, e della sua torcia, scelta a simbolo della resistenza dal gruppo newyorkese: «We Make America».
La manifestazione centrale è stata quella di Washington, dove a metà giornata una folla di mezzo milione di dimostranti superava già quella che il giorno prima aveva assistito all'inaugurazione del nuovo presidente. Dal palco la folla ha ascoltato i messaggi di Angela Davis e Gloria Steinem, Scarlett Johansson, Madonna (che si è lasciata andare a parolacce in diretta tv) e Michael Moore.
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