Una donna salvata: «Ci siamo abbracciati per riscaldarci»

Domenica 22 Gennaio 2017
Una donna salvata: «Ci siamo abbracciati per riscaldarci»
Voci dalla notte durata sessanta ore, nel resort da fiaba trasformato in prigione di neve: così hanno resistito, bevendo il ghiaccio e stringendosi per riscaldarsi. Giorgia Galassi ha 22 anni, è stata salvata ieri mattina insieme al fidanzato Vincenzo. «Sono Giorgia» ha sorriso ai soccorritori quando è uscita dal buco nel ghiaccio. Ricorda: «Eravamo al buio, in uno spazio ristretto, senza nulla da mangiare. Ci siamo dissetati con il ghiaccio, insieme a noi c'era un'altra coppia. Il secondo giorno stavamo per perdere la speranza, ma il mio fidanzato, Vincenzo ci ha spronato, ci parlava, ci ha mantenuto lucidi. Eravamo come chiusi in una scatola perché la valanga ci ha sorpreso mentre eravamo nella sala del camino e bevevamo il tè. Vicino a me c'era anche un ragazzo che a un certo punto non ho più sentito: temo non ce l'abbia fatta». La valanga ha travolto l'hotel mercoledì alle 16.30. «Solo giovedì mattina alle 11 abbiamo sentito dei rumori, erano i soccorritori. Abbiamo cominciato a urlare, il più forte possibile».
«Cercavo una mano da stringere, ho pensato fosse quella di Stefano. Mi sono fatta forza pensando a lui», racconta Francesca Bronzi, 25 anni, che era all'hotel Rigopiano per trascorrere la prima vacanza con il fidanzato. Francesca ora sta bene, i suoi ricordi sull'attesa dell'arrivo dei soccorritori sono confusi, ma ciò che l'ha fatta resistere per sessanta ore, al buio e sotto le macerie, è stata anche la certezza di potere riabbracciare il fidanzato, che però deve essere ancora recuperato. «Gridavamo, provavamo a comunicare tra di noi, eravamo tutti nella sala del camino. Ci siamo anche abbracciati per riscaldarci, per non morire assiderati», è il racconto che giunge da chi è uscito dalla prigione di ghiaccio e ora vive però nell'angoscia perché non c'è il fidanzato tra gli altri superstiti. Al buio, fino a quando le batterie hanno resistito hanno fatto luce con i cellulari. Al freddo, si sono stretti per vincere il freddo, forti anche dell'abbigliamento pesante che comunque indossavano, perché erano tutti pronti per partire. Per non impazzire Francesca ha provato anche a distrarre il percorso dei suoi pensieri: «Ho pensato che c'era una persona cara dall'alto che mi stava proteggendo - ha raccontato ai suoi familiari - quando ormai stavo perdendo le forze, ho anche stretto una mano, penso fosse quella del mio Stefano». Sotto la valanga, senza luce e senza punti di riferimento, i sopravvissuti hanno perso coscienza del tempo che stava passando, avvolti dall'angoscia di chi non sa se qualcuno verrà a salvarti.
E poi c'è la Nutella. Perché la prigione di ghiaccio non è stata uguale per tutti. I tre bambini, riuniti nella sala biliardi dell'hotel, si sono ritrovati in una bolla surreale, ricoperta da una valanga, ma come il piccolo protagonista di The Room, erano isolati dal mondo esterno. Hanno resistito facendosi forza tra di loro, mangiando la crema spalmabile che appare sul tavolo delle foto diffuse dai vigili del fuoco, parlando con gli adulti come Adriana Parete, la madre di Ludovica e Gianfilippo e moglie di Giampiero, il cuoco che era uscito per prendere delle medicine in macchina e per primo ha dato l'allarme. «Io avevo solo una bottiglietta d'acqua - ricorda Adriana - fino a quando ho potuto mi sono aggrappata a quella, ho fatto bere mio figlio Ludovico, l'ho tenuto stretto, l'ho riscaldato». Al buio, con la difficoltà di orientarsi, Adriana urlava, tentava di parlare alla figlia Ludovica che era con gli altri due bambini nella sala biliardo dell'hotel. «Ma la stanchezza, le energie che cominciavano a mancare, faceva sì che neppure riuscissimo a riconoscere la nostre voci» ricorda chi è rimasto prigioniero nel resort fiabesco trasformato in una trappola diabolica. Riguardando le immagini dei salvataggi dei vigili del fuoco, bambini e adulti che tornano dal mondo sotterraneo passando da piccoli fori nel ghiaccio, colpisce però una costante: le loro condizioni sono migliori di quanto ci si potrebbe aspettare. C'è una spiegazione: alcune stanze hanno tenuto perché non erano nell'ala maggiormente danneggiata e dunque si è creata una bolla d'aria che ha consentito non solo di respirare, ma anche di limitare l'abbassamento della temperatura corporea.
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