Franco Zampedri muore dopo vent'anni in coma, nel 2004 l'incidente in auto: Alex Del Piero andò a trovarlo

I soccorritori riuscirono a rianimarlo dopo lo schianto e un volo di circa due metri, fu trasportato in elicottero, ma non riuscirono più a strapparlo dal limbo neurovegetativo

Sabato 20 Aprile 2024
Franco Zampedri muore dopo vent'anni in coma, nel 2004 l'incidente in auto: Alex Del Piero andò a trovarlo

Franco Zampedri aveva 33 anni quando smise di pensare al futuro, di suonare la tromba nella banda del suo paese, Viarago, tra le montagne del Trentino, di immaginare la vita insieme alla fidanzata Cristina. Smise persino di tifare Juventus, la sua grande passione, fin da quando era bambino. Quel 4 luglio 2004 Zampedri andò fuori strada in una curva che tutti sapevano pericolosa, vicino a Portolo, e non riprese mai più conoscenza. Eppure la sua storia, le sue passioni, la sua simpatia con i colleghi dell'Università di Trento, ha continuato a vivere in tutti questi anni tanto che la notizia della sua morte, dopo vent'anni in stato vegetativo, ieri ha fatto il giro dei siti di informazione.
Di lui restano due foto, quella di un ragazzo trentenne, capelli neri, sguardo gentile e quella, che gli ha tenuto compagnia in tutti questi anni nella stanza della casa di cura di «Santo Spirito» di Pergine, con il suo capitano Alessandro Del Piero. È una foto del 2007, lui è sulla sedia a rotelle, ricoverato ormai da tre anni in stato semi vegetativo, e accanto a lui Alex Del Piero, di poco più giovane.

La ricordano tutti, quell'estate del 2007: la Juve era come tante altre volte in ritiro a Pinzolo, nel parco dell'Adamello. Il numero Dieci che Franco idolatrava lasciò il ritiro da solo a Pergine, a un'ora di macchina, per andare a trovare questo tifoso che non poteva più andare a seguirlo allo stadio.


LA VISITA DI ALEX


Goffredo, il padre di Franco, ama ricordarlo, e lo ha raccontato di nuovo anche ieri, dopo aver detto addio al figlio cui è stato sempre vicino in tutti questi anni. «Il calcio, la Juve, era la sua grande passione, insieme con la musica - ha detto ai cronisti - Seguiva la squadra, andava a Torino, e poi anche in trasferta, a Milano, a Cesena». La sua terribile storia, l'incidente, il ricovero, era arrivata anche nello spogliatoio dei giocatori bianconeri. «Alex venne a trovarlo a Pergine lasciando il ritiro - racconta il padre - dimostrandosi un grande campione. Avevo parlato un po' con lui, si era augurato che Franco potesse farcela, potesse riprendersi». Ma non è mai successo.


I soccorritori riuscirono a rianimarlo dopo lo schianto e un volo di circa due metri, fu trasportato in elicottero, ma non riuscirono più a strapparlo dal limbo neurovegetativo. «Sono stati anni molto duri: non auguro a nessun padre di dover accudire il proprio figlio» ha raccontato al Corriere del Trentino il padre, sempre accanto a Franco in tutti questi anni. «Ho perso mia moglie trent'anni fa, ma questo è stato un colpo doppiamente duro - ha aggiunto - L'attenzione del personale della casa Santo Spirito è stata un grande conforto in questi anni». Ieri ha reagito alla morte di Franco anche il sindaco di Pergine, Roberto Oss Emer: «Non lo conoscevo, ha detto, ma so di per certo che al Santo Spirito l'hanno trattato e curato benissimo. Mi unisco al dolore della famiglia, perdere una persona così fa sempre male».


La sera dell'incidente Franco stava tornando da Sant'Orsola, dove abitava la sua ragazza Cristina Bertoldi, e dove sarebbero dovuti andare a vivere insieme in un appartamento che avevamo appena acquistato. Nonostante questi vent'anni trascorsi dentro il silenzio, sono stati tanti i colleghi dell'università di Trento venuti a dargli un ultimo saluto. Le sue condizioni erano peggiorate negli ultimi giorni, «il suo corpo rifiutava ormai qualsiasi nutrimento». «Sono state tante le persone che sono venute a trovare Franco - ha detto ancora il padre -A Viarago lo ricordavano con affetto. Io sono rimasto con lui tutto il giorno, perché sapevo che stava male».


Goffredo non aveva mai smesso di sperare in un risveglio. «Purtroppo la situazione non è mai migliorata. Gli facevo ascoltare la musica della banda di Viarago per la quale suonava la tromba, a volte mi è sembrato che reagisse agli stimoli, ma non c'è stato mai alcun risveglio. Prima dell'incidente, adorava quella musica, in casa l'ascoltava sempre».

Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 13:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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