La fabbrica dei trofei è un'azienda di famiglia: «Qui nasce la Coppa per il vincitore del Giro d'Italia»

Sabato 4 Maggio 2024 di Gabriele Pipia
Luca e Davide Penello con il Trofeo senza fine

VIGODARZERE (PADOVA) - La coppa per la gara di nuoto. La targa per il campionato di pallavolo. La statuetta per il miglior portiere al torneo di calcio. E poi, sopra un piedistallo, lui. Il più bello, il più prezioso e il più prestigioso di tutti. Il "Trofeo senza fine" viene alzato da chi vince il Giro d'Italia e da 25 anni viene realizzato qui, in un capannone di Vigodarzere dove padre e figlio portano avanti la tradizione di un’azienda artigiana nata in un garage negli anni ’60 e arrivata oggi alla terza generazione. Entrando alla “Penello Mario Srl” ci troviamo davanti una vera fabbrica dei trofei. «Non ho idea di quanti possano essere, ne abbiamo fatti migliaia». A raccontare tutto è il titolare Luca, 58 anni. Le mani sporche di grasso e lo sguardo colmo di orgoglio.

Realizzate la coppa che ogni ciclista sogna di sollevare. Come siete arrivati fin qui?
«Fino al 1999 la coppa del Giro cambiava forma ogni edizione. Quell’anno gli organizzatori fecero un concorso per il design vinto da Fabrizio Galli con questa forma a spirale che rappresenta la strada percorsa dai ciclisti. Subito dopo partecipammo al bando per la produzione. Avevamo già lavorato con l’Istituto Italiano del Rame che aveva indetto il bando. Fummo scelti e da quell’anno Rcs affida il trofeo sempre a noi».

Quali sono le tappe per realizzarlo?
«Partiamo da una barra in rame lunga quattro metri e mezzo. Quella barra viene prima arrotondata e poi piegata a fuoco, sagomata per creare la forma a spirale e infine levigata. Prima che venga placcata in oro 18 carati, realizziamo le incisioni di tutti i vincitori con un pantografo manuale. Ogni anno un nome in più. L’ultimo, quello del vincitore 2024, lo incideremo in tempo reale. All’arrivo dell’ultima tappa, il 26 maggio a Roma, ci saremo io e mio figlio Davide».

Una coppa all’anno, quindi.
«Sì, il trofeo originale che viene lasciato al ciclista vincitore e poi ogni tanto realizziamo delle repliche per alcune occasioni speciali come l’Hall of Fame: il trofeo alla carriera è stato consegnato a campioni come Merckx, Gimondi e Moser. Pesa nove chili ed è alto circa 55 centimetri».

E il valore si può misurare?
«No, di certo il prezzo dell’oro negli ultimi anni è schizzato alle stelle arrivando anche a 73 euro al grammo, ma di cifre non ho mai parlato con nessuno. Di certo vale molto, soprattutto per un appassionato di ciclismo».

Lei lo è?
«Sono un ciclista amatoriale, mi diverto a correre la domenica. Ormai ho fatto il callo a vedere dal vivo i fuoriclasse, ma è sempre un’emozione speciale e spesso mi è capitato di fermarmi a parlare con qualche ex campione come per esempio Gianni Motta». 

Quanto dura il processo di realizzazione del trofeo?
«Circa un mese. L’incisione dei nomi invece dura dieci ore. La coppa viene realizzata sempre in autunno e poi consegnata agli organizzatori del Giro d’Italia prima della presentazione ufficiale». 

Questa è la storia del “Trofeo senza fine”. E la storia della vostra azienda?
«Venne fondata nel 1968 da mio padre Mario. Per decenni la sede è stata in un laboratorio ricavato nel garage a Saletto, il classico esempio di casa e bottega. Nel 2020 ci siamo spostati in questo capannone da duemila metri quadri. Con me ci sono mia sorella Patrizia e mio figlio Davide di 29 anni. I dipendenti sono quattro e il lavoro è sempre tanto».

Quanti trofei realizzate?
«Impossibile contarli, sono moltissimi e di tutti i tipi. Oltre al Giro abbiamo anche altre corse famose come Milano-Sanremo, Milano-Torino, Strade Bianche e Tirreno Adriatico».

I trofei rappresentano l’intera vostra attività?
«Facciamo anche molte altre cose lavorando con la vendita al dettaglio e per conto terzi. Siamo specializzati nella tornitura in lastra in ogni campo, dal settore alimentare ai lampadari». 

L’orgoglio che regala il trofeo del Giro, però...
«È enorme. Ricordo bene tutte le prove fatte i primi due anni cercando sempre di migliorarlo. Un conto è disegnarlo e un altro è realizzarlo. Provai anche a renderlo meno pesante, ma con scarsi risultati». 

E quest’anno avete pure la novità delle medaglie.
«Sì, per la prima volta realizziamo anche 21 medaglie, una per ogni tappa, sempre di ottone placcate in oro. Per realizzarle smembriamo un trofeo grezzo, tagliamo ciò che serve e poi saldiamo a fuoco. Chi vince una tappa vince un pezzetto di Giro ed è come se ricevesse un pezzetto di trofeo. Il design è una nostra creazione».

Luca sorride, si infila i guanti e torna al lavoro. Nel capannone troviamo dispositivi laser di ultima generazione ma anche una cesoia di fine anni ‘70. Modernità e tradizione, proprio come il Giro d’Italia.
 

Ultimo aggiornamento: 16:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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