SILEA (TREVISO) - Scandalo Nft, l’inchiesta si estende anche ai broker. Sono 38 gli agenti finanziari iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di abusivismo finanziario. «È un reato perseguito d’ufficio e punito con pene più severe rispetto alla truffa» spiega il procuratore Marco Martani. I broker, pur non essendo figure apicali, avrebbero giocato un ruolo importante nella raccolta del denaro. Nei loro confronti è scattata una serie di perquisizioni. All’alba di martedì la guardia di finanza ha passato al setaccio le loro abitazioni, sparse in tutta Italia, sequestrando contratti, documenti cartacei e digitali ritenuti utili alle indagini. «Si punta a ricostruire il movimento di denaro raccolto: è stato trasferito in Lituania, e da lì convertito in criptovalute» prosegue il numero uno della Procura. Ricostruirne i flussi, quindi, è un’impresa tutt’altro che facile. Ma gli inquirenti sono determinati. Intanto sale a quasi 80 il numero complessivo di indagati per il raggiro messo in atto dalla New Financial Technology, la società con sede a Silea e che prometteva ai clienti che investivano in criptovalute interessi mensili del 10%. Peccato che il tesoretto raccolto - si parla di oltre 23 milioni di euro - si sia volatilizzato, proprio come hanno fatto i tre soci fondatori: Christian Visentin, Emanuele Giullini e Mauro Rizzato, indagati per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e ora fuggiti chi in Svizzera, chi a Dubai.
IL QUADRO
Il bubbone era esploso l’estate dell’anno scorso, quando decine e decine di investitori non si erano visti accreditare gli interessi promessi né il capitale investito. Settecento denunce per truffa raccolte dalla Procura di Treviso per un danno complessivo di oltre 23 milioni di euro: sono questi i numeri resi noti lo scorso aprile, quando si sono chiusi i termini entro cui presentare la querela. Cifre impressionanti ma parziali dal momento che non tutti i clienti beffati hanno presentato denuncia. Le stime parlano di qualcosa come 4mila persone coinvolte e una voragine da quasi 300 milioni di euro. L’inchiesta prosegue, così come la caccia ai soldi, convertiti in criptovalute e sotto forma di monete digitali transitati in mezzo mondo, tanto che gli inquirenti trevigiani hanno attivato rogatorie in Svizzera, Lituania, Bulgaria, Svezia, Spagna, Croazia, Malta e Repubblica Ceca. Per non lasciare nulla di intentato la Procura ha avviato contatti investigativi tramite l’Interpol con gli Emirati Arabi, il Regno Unito e gli Usa.
IL MECCANISMO
L’inchiesta intende accertare il meccanismo del “continuo arbitraggio”, cioè la compravendita costante su diverse piattaforme grazie a un algoritmo che sarebbe stato messo a punto da una delle menti della Nft. Era in base a questo meccanismo, che prevedeva la vendita e l’acquisto continuo delle criptovalute, in modo da ottenere delle plusvalenze e di conseguenza dei guadagni, che la New Financial Technology prometteva mirabolanti guadagni agli ignari investitori. In realtà, il guadagno non sarebbe avvenuto grazie ai differenziali di prezzo e alle operazioni compiute dai trader, quanto piuttosto grazie ai nuovi investimenti dei risparmiatori che portavano contante con cui venivano pagati gli interessi. Il classico “schema Ponzi” che, nell’estate del 2022, è crollato mettendo a nudo la colossale truffa.