Anniversario del terremoto in Friuli: a Gemona il ricordo dell'Orcolat del 1976

Venerdì 6 Maggio 2022 di Redazione Web
Anniversario del terremoto in Friuli: a Gemona il ricordo dell'Orcolat del 1976

UDINE - Questa sera alle 21 saranno trascorsi 46 anni esatti da quel terribile 6 maggio del 1976, quando il terremoto provocò quasi mille morti, molti feriti, distrusse gran parte del Friuli. Una tragedia immensa che, per spirito indomito dei sopravvissuti, per l'attenzione delle istituzioni e per la solidarietà straordinaria nazionale e internazionale che ne seguì, fece nascere un'esperienza di ricostruzione diventata ormai da manuale. Per il Friuli e l'intera regione fu un cambio di pagina radicale, che questa sera verrà ricordato con l'appuntamento istituzionale a Gemona e che li riunisce idealmente tutti, con le cerimonie previste dalle 19.45 prima in municipio, quindi in duomo e in cimitero. Parteciperanno, tra gli altri, il vicepresidente della Regione e assessore alla Salute Riccardo Riccardi e l'assessore regionale alle Finanze, Barbara Zilli.

A Gemona, per altro, l'anniversario è stato ricordato in forma solenne sabato alla caserma Goi-Pantanali, coinvolgendo le scuole del territorio.

Il governatore Fedriga

«6 maggio 1976: una data scolpita nel cuore per ricordare le vittime, celebrare il coraggio della ricostruzione e la grande umanità che tutto tenne assieme. Ora come allora, il Friuli Venezia Giulia non dimentica» è il messaggio postato dal governatore Massimiliano Fedriga sui propri profili social in occasione dei 46 anni dal terremoto del Friuli. 

 

La notte dell'Orcolat

Prima una scossa d'avvertimento, forte ma breve. Poi, alle 21 del 6 maggio 1976, quella catastrofica, una spallata di magnitudo 6,4 durata un interminabile minuto. I friulani lo definirono, e ancora lo ricordano, con il nome di Orcolat, il terremoto-orco che 46 anni fa distrusse un'ampia parte del Friuli collinare, portando morte e dolore e colpendo in particolare le province di Udine e Pordenone.

Quel sisma, con i circa mille morti, gli oltre tremila feriti, le decine di migliaia di persone rimaste senza case, segnò un passaggio, una demarcazione tra il Friuli per com'era stato fino a quel momento, e per come sarebbe stato dopo. I friulani si rimboccarono le maniche e giorno dopo giorno ricostruirono una intera regione, il cosiddetto «modello Friuli», «dov'era e com'era», anzi, meglio in alcuni casi.

Le celebrazioni

A Gemona già dalla scorsa settimana momenti di ricordo costellano oggi e queste giornate, perché chi c'era non può dimenticare e chi non c'era ha appreso dalla memoria collettiva ciò che ha segnato una cesura nella storia del Friuli, che da allora si ricorda come «prima e dopo il terremoto».

I due anni di Covid con le conseguenze economico-sociali prodotte hanno del resto richiamato all'attualità ciò che le istituzioni e i cittadini di allora seppero fare, approcciando l'inedito, trovando soluzioni organizzative e di sviluppo completamente nuove, avviando ciò che prima non esisteva sul territorio, come per esempio l'Università. Richieste non difformi da quelle che si presentano in questo frangente, con l'importante flusso di finanziamenti legati al Pnrr e l'altrettanto importante impegno prospettico e progettuale richiesto a tutti i livelli. Si è richiamato esplicitamente al modello di operatività post terremoto il Consiglio regionale con l'istituzione del tavolo della Terza ripartenza quella della regione dopo la seconda guerra mondiale, il terremoto e ora il Covid -, per una programmazione di ripresa post pandemia trasversale alle forze politiche e partecipata per il contributo del territorio. Zilli a Gemona nei giorni scorsi si è rivolta ai giovani, evidenziando che il legame con questo anniversario «deve essere portato avanti anche oggi ed è rivolto a quelli che sono i figli della ricostruzione che devono essere ancora di più i garanti del futuro riprendendo i valori che hanno segnato quell'epoca». E Riccardi ha sostenuto che «a noi spetta un'altra ricostruzione, quella delle relazioni fra le persone che hanno visto limitate le proprie libertà in questi due anni».
 

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