Contato, dg dell'Ulss 3: «Stop esami inutili, così abbiamo ridotto i tempi di attesa»

Venerdì 19 Aprile 2024 di Roberta Brunetti
Edgardo Contato, dg dell'Ulss3

VENEZIA - La sua ambizione è quella di azzerare, entro fine anno, le liste d’attesa, più precisamente il cosiddetto galleggiamento, quel sistema che si apre quando non ci sono più prestazioni disponibili.

Battaglia ardua per Ulss 3 che Edgardo Contato, da tre anni alla guida della Serenissima, sta combattendo soprattutto con l'arma «dell'appropriatezza della prescrizione». Un lavoro avviato da un paio d'anni, fatto soprattutto di confronto tra medici, per ridurre le prestazioni «non appropriate» e liberare cosi risorse da destinare a «quel che serve davvero». E i primi risultati si cominciano a vedere, a cominciare proprio dall’abbattimento delle liste d’attesa. Se ne parlerà oggi in un convegno tutto dedicato al tema dell’appropriatezza. Il primo del genere in Veneto. 

Dottor Contato, che cos’è l’appropriatezza? 

«Dare al cittadino quello che serve nel momento in cui serve in termini di attività specialistica. Un intervento chirurgico nessuno pensa di farlo. Ma una tac o una risonanza non si nega a nessuno. E queste sono le prestazioni inappropriate che tolgono la possibilità di fare quelle che servono davvero».

Come si fa a capire se una prestazione è inappropriata?

«La letteratura ci dice che il 25-30% delle prestazioni è inappropriata. Noi ne facciamo oltre 2 milioni l’anno, solo di specialistica ambulatoriale. Stimiamo che quasi mezzo milione siano inappropriate». Ma non tutti gli esami negativi saranno inutili, come misurate quelli inappropriati? «Siamo andati ad analizzare le pratiche migliori. Ci sono aree territoriali con 6-7 prestazioni pro capite, altre con 10-11. Ma avere più prestazioni non aumenta l'aspettativa di vita, non significa essere curati meglio. E la nostra analisi conferma i dati di letteratura: su un totale di 2 milioni e 37 mila prestazioni erogate nel 2023, quelle inappropriate stimiamo siano state 408mila».

Avete calcolato anche il costo di queste prestazioni ritenute inutili? «Complessivamente 13 milioni. Soldi sprecati, che invece potevano essere spesi in quel che serve davvero. Ecco l'importanza di intervenire sull'appropriatezza. È da questi dati che siamo partiti per il nostro lavoro». In cosa è consistito in concreto?
«Siamo intervenuti, ad esempio, sulla colonscopia. Abbiamo fatto un lavoro enorme di formazione, migliorato la comunicazione tra specialisti e medici di base, rivisto insieme i tempi di controllo in rapporto alle diverse patologie. Così la prescrizione di questo esame, tra 2022 e 2023, è scesa del 2% e soprattutto abbiamo ridotto del 90% le liste d’attesa, quasi azzerando il galleggiamento. Altro fronte, le risonanze magnetiche prescritte per la lombosciatalgia. Troppe. Anche in questo caso abbiamo messo a confronto i medici, creando un gruppo interdisciplinare per dare precise indicazioni cliniche».

Risultato?

«Le prescrizioni sono diminuite del 20%. Nel primo trimestre di quest’anno abbiamo così liberato 1.700 esami, rispetto al 2023. Tutte risonanze che mettiamo a disposizione per ridurre i tempi d’attesa, che oggi sono meno impattanti, rispetto all’anno scorso. Se riusciamo a estendere quest’approccio a tutti i settori... Certo è un’attività molto complessa che va ad incidere su consuetudini e interessi. Ma il nostro mestiere ci impone di alzare la qualità del servizio, di garantire una medicina giusta, senza inseguire il consumismo sanitario. É una sfida culturale per tenere in equilibrio il sistema pubblico perché tutti i cittadini abbiano le stesse opportunità. Tutti i professionisti coinvolti si allineano così su pratiche più moderne, tecnologicamente avanzate, più sicure, migliori per ogni singola patologia. Questo, non per togliere prestazioni, assolutamente, ma per dare a tutti un servizio giusto».

Oggi però, in mancanza di risposte rapide dal pubblico, tanti si devono rivolgere al privato e pagare...

«Il lavoro sull’appropriatezza è uno dei modi per ricondurre queste persone al pubblico. Per garantire una sanità pubblica. Tra 2022 e 2023 abbiamo aumentato del 3% i volumi di prestazioni erogate, tra pubblico e convenzionato, con il pubblico che ha fatto la parte del leone con il 7%. La mia ambizione, entro l’anno, è di azzerare i galleggiamenti e avere un cup che funzioni a chiamata».

Oggi siamo ancora in una situazione in cui il cittadino va a intasare i pronti soccorso di codici bianchi perché non sa dove andare. Come uscirne?

«Ci sono parti del sistema che vanno riconvertite. I dipendenti del pubblico e del convenzionato sono in linea. Ma abbiamo ancora dei medici di base che vanno per conto proprio. Vedo però che i giovani partecipano a queste dinamiche e i risultati si vedono».

Resta il fatto che spesso il cittadino non sa a chi rivolgersi.

«Anche il cittadino va educato. Certe scorciatoie non servono. Ma per questo confido molto nella riforma del Pnrr con la realizzazione delle case di comunità e il coinvolgimento dei medici di base. Una variabile che inciderà sul modello organizzativo. Ci sarà qualcuno che darà delle risposte, ci sarà una presa in carico, che è quello che manca. La prescrizione, a volte, è una deresponsabilizzazione. Prendersi cura è un termine che non si può ridurre a una ricetta. Questo è il modo onesto di lavorare. E facciamo tutto questo perché crediamo nella sanità pubblica. Lavorare sull’appropriatezza significa recuperare risorse enormi: milioni su milioni che oggi vengono buttati. Tutti da reinvestire, per le prescrizioni appropriate, per i servizi territoriali, per il rinnovamento tecnologico, per il personale».

Ultimo aggiornamento: 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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