«Ho combattuto come un leone. Se mi rimprovero qualcosa? Personalmente no». Alessio D’Amato nega di essersi sentito solo, durante questo viaggio. La realtà è che ha dovuto affrontare una campagna elettorale, già difficile di suo, avendo alle spalle un Partito democratico in mezzo al guado, reduce dalla sconfitta alle Politiche e in pieno congresso, ed essendo sottoposto a continui attacchi incrociati da centrodestra e Cinque stelle. «Abbiamo partecipato a eventi organizzati da esponenti del Pd, nei nostri giri in provincia, a cui partecipavano 10-15 persone», racconta chi gli sta vicino.
L’ATTESA
Alle 15, quando escono i primi (inequivocabili) dati, il candidato sconfitto è nel suo comitato elettorale in via di Portonaccio, periferia orientale della Capitale. Per primo esce Esterino Montino, sindaco di Fiumicino ed esponente dem di lungo corso, a spiegare come non sia cambiato «il vento del 25 di settembre: questo mi pare evidente, sta ora al centrosinistra capire qual è il lavoro da compiere». D’Amato resta chiuso nel suo ufficio per un’oretta, a riflettere sui risultati. E intanto chiama Francesco Rocca: una breve conversazione, in cui riconosce il risultato, fa i complimenti al neo governatore e promette che la sua sarà «un’opposizione dura sulle questioni concrete».
I CONTI
Poi, quando viene diffusa la seconda proiezione sullo spoglio dei voti, l’ex assessore fa il bilancio della sua sfortunata corsa: «Ringrazio gli elettori per un consenso che non è stato sufficiente alla vittoria - scandisce dal palco del comitato elettorale - ma che comunque vede un risultato superiore rispetto alle ultime elezioni regionali dove il candidato Nicola Zingaretti aveva avuto il 32,9 per cento, mentre ora ci danno leggermente più su. L’altra volta è stato sufficiente per la vittoria, questa volta no». D’Amato assicura che guiderà l’opposizione alla Pisana, nei prossimi cinque anni. Un’opposizione che, sostiene, sarà «intransigente soprattutto sui temi della sanità pubblica».
L’ANALISI
Ci sarà tempo anche per le valutazioni interne, al partito e alla coalizione che lo ha sostenuto: sette liste, tra centrosinistra e Terzo polo. Tutti questi mesi senza un leader per i dem «non hanno aiutato sicuramente - osserva D’Amato - Concordo con Majorino: probabilmente vanno riviste tutte queste procedure del congresso del Pd che sono lente e non hanno aiutato in questa fase». Ma l’ex assessore getta acqua sul fuoco della polemica sul mancato intervento diretto dei vertici nazionali del partito, rinfocolata negli ultimi giorni anche da Carlo Calenda, che di D’Amato è stato sponsor convinto: i dirigenti nazionali del Pd in campagna elettorale «non li ho voluti», sostiene il candidato, perché è stata una campagna «incentrata sui temi territoriali» e perché «abbiamo un congresso in corso: quando si completerà la fase congressuale ognuno farà le sue scelte». La partita delle Regionali si è chiusa, insomma, ma quella del Pd è ancora tutta da giocare.