L’obiettivo è ambizioso. Provare a fermare le “grandi dimissioni” dei dipendenti comunali.
Statali, sbloccati i concorsi: arrivano i super-funzionari. Stipendi fino a 100 mila euro
Qual è il problema degli Enti locali? I Comuni sono le amministrazioni che pagano meno nel pubblico impiego i loro dipendenti. Secondo i dati dell’ultimo Conto annuale del Tesoro, i dipendenti degli enti locali (non dirigenti) guadagnano in media 30.214 euro lordi all’anno, contro i circa 33 mila euro medi di ministeri, i 38 mila delle Agenzie Fiscali e i 34 mila dell’Inps. Posizioni per le quali spesso sono richieste le stesse competenze. Inevitabile l’attrazione dei dipendenti comunali verso le amministrazioni che pagano meglio. Un dato messo nero su bianco nella bozza di direttiva che sarà consegnata all’Aran, l’Agenzia che per il governo siede al tavolo delle trattative con i sindacati, per avviare il tavolo negoziale sul nuovo contratto di lavoro. «Il nuovo contratto», si legge nel documento, «deve tenere in considerazione la fondamentale premessa che la maggior parte degli enti vive una fase di particolare difficoltà, determinata dalla scarsa attrattività economica dell’impiego, in confronto alle pubbliche amministrazioni degli altri comparti». Questo, si legge ancora, determina un duplice fenomeno: «da un lato scarsa partecipazione ai concorsi banditi agli enti locali, dall’altro significativi flussi di mobilità in uscita verso altri enti».
Ma la vera domanda è: come si fa a frenare questa grande fuga? La bozza di direttiva spiega che «il nuovo contratto dovrà intervenire in modo innovativo sugli istituti del trattamento economico e del welfare integrativo, impiegando tutti i margini utili per potenziare l’interesse all’impiego negli enti attualmente meno attrattivi». Uno degli strumenti «innovativi», si legge sempre nel documento, è la «semplificazione delle procedure relative al riconoscimento dei differenziali economici, prendendo in considerazione, con riferimento al requisito dell’esperienza professionale, prioritariamente i servizi prestati presso l’ente».
IL PASSAGGIO
Come detto si tratta di una sorta di “premio fedeltà” a chi rimane nell’Ente, Comune o Provincia che sia. Il “differenziale stipendiale” è una sorta di superminimo che, per un funzionario, vale 1.600 euro l’anno in più. L’ultimo contratto dice che l’esperienza professionale, può valere al massimo il 40% nel giudizio che viene dato su ogni dipendente per ottenere questo scatto. Il resto deve essere valutazione individuale. L’intenzione, insomma, sembrerebbe quella di voler alzare questa soglia e soprattutto legarla alla permanenza all’interno di uno stesso Ente. È una strada percorribile? «Prima di commentare», dice Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, «è necessario attendere l’atto definitivo di indirizzo. Ma è noto che per gli Enti locali esiste un problema di attrattività dovuto alle retribuzioni più basse». Un problema che, secondo Naddeo, andrebbe risolto alla radice, «trovando maggiori risorse da destinare al trattamento economico dei dipendenti degli Enti locali».
Risorse che, ovviamente, dovrebbero arrivare dall’estero, da stanziamenti del governo. L’altro intervento possibile sarebbe quello «di agire sul welfare aziendale», assegnare cioé ai dipendenti dei «benefit come si fa nel privato». Per ora nell’atto di indirizzo ci sono stanziati 982 milioni a carico dei Comuni. Quanto basta per un aumento di stipendio del 5,78%, esattamente come tutti gli altri dipendenti della Pubblica amministrazione. Che però partono da cifre più alte.