Banca Popolare di Vicenza. Per anni consigliere di amministrazione, ​Zigliotto: «Io assolto ma per il crac nessun perché»

Mercoledì 12 Ottobre 2022 di Maurizio Crema
Zigliotto (a sinistra) e Zonin

VICENZA - «Sono stati sette anni di morte civile, di forche caudine. Oggi non riesco a essere felice, potrei dire di essermi tolto questo peso ma non è vero: mi sento come se fossi stato protagonista di una roulette russa, ha presente il film Il Cacciatore? Io sono quello che ha avuto la fortuna di spararsi senza il proiettile nel tamburo, ma gli altri cinque imputati con me invece sono stati condannati». Giuseppe Zigliotto, 58 anni, è uscito di nuovo dall'incubo: assoluzione confermata anche nel processo di secondo grado per il crac della Banca Popolare di Vicenza che ha visto invece la condanna per Massimiliano Pellegrini (assolto a Vicenza) e gli altri imputati: Gianni Zonin, Emanuele Giustini, Paolo Marin, Andrea Piazzetta (per loro pene quasi dimezzate). Ma i due gradi di giudizio hanno pesato e peseranno sulla vita di questo imprenditore ex presidente di Confindustria Vicenza e per anni consigliere d'amministrazione BpVi: «Non ho mai capito il perché di questo processo e perché è saltata la Popolare di Vicenza: e questo Appello non è riuscito ancora a spiegarmelo», mormora al telefono per poi scuotersi così: «Nel primo grado Banca d'Italia è sempre stata protetta come fosse la prima dei danneggiati, tanto è che si era portata a casa una confisca da 963 milioni.

Nel secondo grado ci siamo trovati davanti a dei giudici che non hanno nascosto niente. E il risultato è stato l'annullamento della confisca e si è fatta fatica a vedere Banca d'Italia dalla parte dell'accusa, doveva essere dalla parte degli imputati».


Ha capito perché è finito sotto processo?
«Non ho ancora capito perché sono stato l'unico consigliere d'amministrazione a finire sotto processo insieme all'ex presidente Zonin. Altri hanno fatto le mie stesse operazioni di finanziamento e sono stati archiviati. Perché io no? Zigliotto aveva le conoscenze per capire la presenza di baciate, era un imprenditore, aveva una holding: ma quelli erano docenti universitari, funzionari di livello nazionale. Io però dovevo capire».


Secondo lei ci dovevano essere altri imputati?
«Le baciate le ha fatte solo Giustini? E tutta la struttura commerciale? Hanno voluto individuare dei mandanti a priori. E chi ha confessato e incastrato gli altri si è beccato lo sconto di pena. E perché si sono protetti gli ispettori della Banca d'Italia?».


Si è sentito un capro espiatorio?
«Ritengo che i condannati in questo processo siano dei capri espiatori. L'ex presidente Zonin ha tante responsabilità per la gestione della banca ma non quelle di questo processo: lui come gli altri non si è messo in tasca un soldo. Ha voluto portare BpVi a istituto nazionale, a diventare banca aggregante, ma chi glielo diceva? La Banca d'Italia».


C'è stata una manovra ai danni di BpVi?
«Ci sono state una serie di tempeste perfette che si sono abbattute contemporaneamente su di noi. Penso alle intercettazioni telefoniche dell'Antitrust europeo dove emerge che si voleva la pelle di qualche banca italiana per dare una lezione al sistema. Poi il decreto Renzi che ha obbligato le due venete a quotarsi e anche la Bari in un momento di difficoltà. E la Bce: che ha analizzato i bilanci con l'accetta, con l'effetto che da Vicenza è scappato un miliardo di depositi in settembre e ottobre del 2015. Una banca vive di credibilità, se la distruggi è morta. I tedeschi le loro Casse di risparmio le hanno salvate, le nostre Popolari sono state uccise: non avevamo nessun santo in paradiso come in Toscana e in Puglia».


Qualche colpa l'avrete avuta per il crac?
«Tutte le banche avevano certi problemi. Le operazioni di finanziamento per comprare le azioni di per se non erano illecite, altrimenti dovevano essere messe sotto processo centinaia di persone. Il problema semmai era la mancanza di merito creditizio di chi acquistava. O le lettere di garanzia. Ma questo processo non ha analizzato niente di tutto questo: ha preso 6 persone decidendo che dovessero pagare per tutti. Era un processo indiziario, dove non ho visto nessuna prova. È servito solo per far concentrare il popolo su dei capri espiatori mentre una delle più belle banche italiane finiva a mezzo euro a Intesa Sanpaolo».


Il cda davvero non si è accorto di un miliardo e passa di baciate?
«Mi dispiace, ma non potevamo saperlo e nessuno ce l'ha mai raccontato. La Guardia di Finanza ha ascoltato 2mila ore di intercettazioni telefoniche e non è mai emerso che in cda se ne sia mai parlato o è venuto qualcuno a raccontarcelo».


E ora che farà?
«Dopo che ti hanno tolto sette anni di vita, hai perso milioni e ti hanno massacrato con che spirito vai a prenderti altri incarichi o ruoli di responsabilità?».


Tante domande, nessun punto fermo?
«Che i processi si possono fare anche in tempi brevi. Ma è stata fatta veramente giustizia? E i poveri cristi che non hanno ritorno mediatico come vengono trattati e come possono affrontare queste spese?».

Ultimo aggiornamento: 17:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci