Riccardo Scamarcio il primo maggio torna al cinema con "Sei fratelli", la storia di una famiglia allargata.
Scamarcio, il debutto come produttore di olio: «Io, dal set al frantoio»
Il racconto
Un padre esempio per Riccardo: «Era ossessionato dal concetto di onestà, l’essere un uomo di parola. Oggi suona come un concetto arcaico, ma questa cosa io l’ho seguita e mi sono trovato bene». La collega Arianna Finos gli chiede cosa sia rimasto in lui del ragazzo di “Tre metri sopra il cielo". Sono passati vent'anni ma «è vivo e vegeto, l’ho difeso e protetto da tutto, in questi anni. L’essenza di quel ragazzo è viva, dentro il corpo di un uomo fatto e maturo». Di quel ragazzo è rimasto tanto: «Le telefonate con gli amici d’infanzia di Andria, in dialetto, a ridere. Ci siamo sostenuti negli anni». Poi è arrivato il cinema che «mi ha tolto dalle strade di Andria dove bighellonavo da adolescente. Potevo evadere in un altro mondo».
Un mondo che ha scelto con vittorie e sconfitte:«Ho vissuto momenti di sconforto e di sconfitta vera, ad esempio rapporti difficili con registi. Ma mi riconosco di essere stato bravo perché ho sempre preso la strada più difficile. Quando ho preso schiaffi, e ne ho presi belli forti, era perchè magari dietro c’era un’ambizione troppo alta, che non mi potevo permettere in quel momento. Ma mai perché ho accettato di fare la pubblicità, fare soldi con i social. La vera sconfitta è rinunciare agli ideali».
Riccardo a La Repubblica non nasconde di aver sempre preso posizione su temi politici e sociali. «Pagandone un prezzo, qualche volta salato. Chi esprime il proprio pensiero in maniera libera è poi oggetto di critiche, anche pesanti e che fanno soffrire, soprattutto quando le tue intenzioni vogliono, come nel mio caso, accendere l’attenzione. Magari dico anche cose sbagliate, però punto a far riflettere, accendere un faro sull’umanità, che mi sembra sia la cosa più a rischio in questo momento».