VENEZIA - Dopo la gioia, la grande delusione: 30 km di marcia in tre giorni, dopo le notti all'addiaccio, le ore trascorse su un argine del Brenta per contestare l'accoglienza in una base militare (Cona) e quando hanno visto la nuova destinazione, l'ex caserma Serena di Treviso c'è stato il Niet: «Non ci piace, tanta fatica per tornare alle stesse condizioni di prima». Così, trenta migranti tra quei 241 in fuga da Cona hanno rifiutato: 24 sono stati redistribuiti in altre 3 strutture, 6 sono fuggiti per tornare a Mira e poi a Cona. Ma niente da fare: serve una nuova autorizzazione del prefetto. Anche i 14 portati a Jesolo, alla Croce rossa, avevano tentato di fuggire per la frustrazione. Si aspettavano delle case.
Comuqnue a Cona c'è chi pensa di replicare la manifestazione visto che chi ha aderito, in un modo o nell'altro, è riuscito a cambiare il proprio destino. In 241 avevano lasciato Conetta (compreso Salif Traorè, il 35enne ivoriano travolto e ucciso da un'auto) e nessuno di loro tornerà. Venerdì mattina, dalle 5 strutture di Mira offerte dal patriarcato di Venezia, sono partiti gli autobus per portare i migranti ribelli alle loro nuove destinazioni. «Cona non è un lager - spiega il prefetto di Venezia Carlo Boffi - ha 210 mq di esterni e 13mila metri al coperto. Se qualcuno vorrebbe già tornare un motivo ci sarà».
La polemica tocca anche i sindacalisti di Usb, ormai rappresentanti delle istanze dei migranti. E non è un caso che gran parte dei profughi abbia sottoscritto la tessera del sindacato. Ieri sera, a Conetta, si respirava un clima di tensione. Lunedì ci sarà un'assemblea all'interno dell'ex base missilistica
Hai scelto di non accettare i cookie
La pubblicità personalizzata è un modo per supportare il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirti ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, ci aiuterai a fornire una informazione aggiornata ed autorevole.
In ogni momento puoi modificare le tue scelte tramite il link "preferenze cookie".